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Come Recedere da una Cooperativa

Recedere da una cooperativa non è solo una scelta organizzativa, ma l’atto con cui un socio dichiara di voler sciogliere il proprio rapporto sociale quando non ha più interesse o possibilità di partecipare alla vita mutualistica dell’ente. Accade quando cambiano le esigenze personali o professionali, quando si modifica lo scopo o l’assetto della cooperativa, quando emergono incompatibilità, oppure quando restare iscritti comporterebbe oneri che non hanno più contropartita. In termini giuridici il recesso scioglie il vincolo di socio e innesca la liquidazione della partecipazione, con la restituzione del capitale conferito al netto delle regole fissate dalla legge e dallo statuto. Comprendere bene tempi, modalità ed effetti è fondamentale per evitare fraintendimenti e per programmare cosa accadrà nei mesi successivi alla comunicazione.

Indice

  • 1 I riferimenti normativi essenziali da tenere a mente
  • 2 Prima mossa: leggere lo statuto e verificare la “causa” di recesso
  • 3 Come si formalizza la volontà di uscire: forma, contenuto e tempi
  • 4 Quando il recesso produce effetto e che cosa cambia nei rapporti quotidiani
  • 5 Dalla teoria al portafoglio: come si calcola e quando si incassa la quota
  • 6 Che fine fanno ristorni, utili maturati e “prestito sociale”
  • 7 Le responsabilità che restano dopo l’uscita e come gestirle
  • 8 Recesso, esclusione, cessione delle quote: differenze utili per scegliere bene
  • 9 Sequenza operativa, dal primo dubbio alla chiusura del dossier
  • 10 Conclusione: uscire bene è soprattutto questione di metodo e tempi

I riferimenti normativi essenziali da tenere a mente

Il diritto di recesso del socio cooperatore è disciplinato dal codice civile, che consente l’uscita nei casi previsti dalla legge e dall’atto costitutivo della cooperativa, specificando subito un principio chiave: il recesso non può essere parziale, cioè non si può restare “mezzo” soci trattenendo solo una quota del rapporto. La norma indica anche la forma con cui la volontà deve essere manifestata e assegna agli amministratori un termine per esaminarla, prevedendo rimedi se la richiesta viene respinta. Il passo successivo è la liquidazione della partecipazione: la legge stabilisce quando e come la cooperativa deve calcolare e pagare quanto dovuto al socio uscente, con un orizzonte temporale legato all’approvazione del bilancio dell’esercizio in cui il recesso è maturato. Infine, è previsto un breve arco di responsabilità residua del socio dopo l’uscita, limitato a conferimenti non ancora versati e, in caso di insolvenza della cooperativa entro un anno, nei limiti di quanto effettivamente ricevuto. Questi capisaldi si trovano negli articoli 2532, 2535 e 2536 del codice civile e sono il quadro entro cui muoversi, a cui si affiancano gli eventuali dettagli dello statuto della propria cooperativa.

Prima mossa: leggere lo statuto e verificare la “causa” di recesso

La legge rimanda allo statuto per definire i casi concreti in cui è ammesso il recesso. Per questo il primo passo è aprire l’atto costitutivo e il regolamento interno e capire quando il socio può tirarsi indietro. Alcuni statuti riprendono le ipotesi tipiche del diritto societario, ad esempio quando muta in modo rilevante l’oggetto sociale o quando vengono introdotte limitazioni nuove ai diritti dei soci; altri prevedono cause collegate alla perdita dei requisiti mutualistici, a trasferimenti della residenza o ad aspetti professionali specifici. Se la cooperativa è a durata indeterminata, è frequente che sia ammesso anche il recesso “ad nutum” con preavviso, ma occorre verificare la clausola concreta, perché termini e modalità sono spesso personalizzati. Accertare se si rientra in una delle ipotesi previste dallo statuto rende la domanda più lineare e riduce il rischio di rigetto; quando la causa è legale e non solo statutaria, il diritto esiste comunque, ma sarà lo statuto a indicare i passaggi operativi richiesti.

Come si formalizza la volontà di uscire: forma, contenuto e tempi

Il codice civile richiede espressamente che la dichiarazione di recesso venga comunicata alla società con raccomandata. È una forma solenne che evita dubbi su data e contenuto e che fa scattare i termini per gli organi sociali. Nel testo è opportuno indicare le generalità del socio, la qualità di cooperatore, la causa di recesso che si invoca alla luce dello statuto o della legge, la data da cui si chiede l’efficacia e il recapito per le comunicazioni. È buona prassi allegare un documento di identità e richiamare eventuali circostanze che rendono urgente la decisione. Dalla ricezione della raccomandata gli amministratori hanno sessanta giorni per esaminarla; se ritengono che non ricorrano i presupposti, devono comunicarlo immediatamente al socio, il quale può proporre opposizione davanti al tribunale entro sessanta giorni dalla comunicazione. La scansione è una garanzia per entrambe le parti: tutela la cooperativa da recessi arbitrari e il socio da dinieghi senza fondamento.

Quando il recesso produce effetto e che cosa cambia nei rapporti quotidiani

L’effetto sul rapporto sociale non decorre automaticamente dal giorno in cui il socio spedisce la raccomandata o la cooperativa la riceve, ma dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento da parte degli amministratori. Questo significa che fino a quel momento il socio continua formalmente a esserlo. Per i rapporti mutualistici, cioè per quelle prestazioni tipiche che legano socio e cooperativa (per esempio l’impiego del socio lavoratore o l’accesso a servizi riservati), la legge prevede una scansione diversa: in mancanza di regole specifiche nello statuto, il recesso ha effetto con la chiusura dell’esercizio in corso se è stato comunicato almeno tre mesi prima; altrimenti produrrà effetto con la chiusura dell’esercizio successivo. La ratio è evitare strappi nelle attività operative e consentire alla cooperativa di programmare sostituzioni e riorganizzazione. Nel caso di esclusione deliberata dalla società, per completezza, la decisione compete agli amministratori o all’assemblea secondo statuto e il socio escluso può opporsi al tribunale entro sessanta giorni; si tratta di istituti distinti, ma spesso vengono confusi nelle conversazioni correnti.

Dalla teoria al portafoglio: come si calcola e quando si incassa la quota

Una volta perfezionato il recesso, si apre il capitolo più atteso: la liquidazione della partecipazione. La regola cardine afferma che la liquidazione della quota o il rimborso delle azioni avvengono sulla base del bilancio dell’esercizio in cui si è verificato il recesso, l’esclusione o la morte del socio. Nella pratica, se si recede a giugno, la base di calcolo sarà il bilancio chiuso a fine anno e approvato nei mesi successivi. L’atto costitutivo detta i criteri concreti, ma la legge chiarisce che il valore può essere ridotto per perdite imputabili al capitale e che, salvo diversa previsione, rientrano nel calcolo anche il rimborso del soprapprezzo versato e le eventuali rivalutazioni, se presenti nel patrimonio e non destinate ad aumento gratuito del capitale. Il pagamento deve avvenire entro centottanta giorni dall’approvazione del bilancio a cui ci si è riferiti per il calcolo. In alcune ipotesi particolari collegate a strumenti cooperativi come azioni assegnate per ristorni o categorie speciali, lo statuto può prevedere un pagamento rateale, con interessi legali, fino a un massimo di cinque anni, ma si tratta di casistiche tassative. Queste scansioni temporali spiegano perché non si riceve subito un bonifico all’atto del recesso e aiutano a programmare in modo realistico l’incasso.

Che fine fanno ristorni, utili maturati e “prestito sociale”

Oltre al capitale sociale, il socio può vantare altri rapporti economici con la cooperativa. I ristorni maturati e non ancora erogati seguono le regole statutarie e, in assenza di divieti, confluiscono nella liquidazione se il relativo diritto è sorto; diversamente restano esclusi finché l’assemblea non ne delibera l’attribuzione. Altro tema è il “prestito sociale”, cioè le somme che il socio ha depositato presso la cooperativa a condizioni stabilite da un regolamento interno. In molte realtà, alla data di interruzione del rapporto sociale il prestito cessa di produrre interessi e viene posto a disposizione del socio o degli eredi secondo tempi e modalità fissati nel regolamento, che va letto con attenzione perché può prevedere finestre o tetti operativi legati alla stabilità finanziaria dell’ente. È una materia distinta dalla liquidazione della quota e non va confusa: il regolamento di prestito soci, quando esiste, disciplina in dettaglio scadenze e procedure e prevale come fonte contrattuale interna, nel rispetto della legge.

Le responsabilità che restano dopo l’uscita e come gestirle

Il recesso non lascia di norma “strascichi”, ma la legge tutela la cooperativa su due profili. Il primo è il pagamento dei conferimenti non ancora versati: se al momento dell’uscita risultano decimi o rate di capitale da integrare, la società può pretenderli per un anno dalla data in cui il recesso si è verificato. Il secondo riguarda le situazioni di crisi: se entro un anno dallo scioglimento del rapporto associativo emerge l’insolvenza della cooperativa, il socio uscente è obbligato verso la società nei limiti di quanto ricevuto per la liquidazione della quota o il rimborso delle azioni. Non si tratta di una responsabilità illimitata per i debiti sociali, che nelle cooperative gravano solo sulla società, ma di una regola di prudenza che impedisce uscite “a caldo” quando la crisi era già in atto. Anche gli eredi del socio defunto rispondono negli stessi termini e per lo stesso periodo. Conoscere questa coda temporale aiuta a conservare documenti e ricevute e a valutare con attenzione proposte di accordi privati di saldo e stralcio.

Recesso, esclusione, cessione delle quote: differenze utili per scegliere bene

Nella pratica quotidiana talvolta è più rapido cedere la propria partecipazione a un nuovo socio anziché recedere, soprattutto quando la cooperativa desidera mantenere invariato il numero dei cooperatori attivi. La cessione, però, richiede l’assenso degli organi sociali secondo statuto e non libera da responsabilità per conferimenti non versati finché il trasferimento non è perfezionato. L’esclusione, invece, è una misura che parte dalla società e presuppone gravi inadempienze o perdita dei requisiti; può essere impugnata entro sessanta giorni e ha riflessi anche sul rapporto mutualistico. Il recesso resta l’atto unilaterale del socio, esercitabile nei casi e con le forme previste, ed è spesso la via più lineare quando non vi sono acquirenti per le quote o quando la causa che legittima l’uscita è oggettiva. A ogni strada corrispondono tempi, controlli e conseguenze differenti, per cui è utile confrontarsi con un consulente prima di muoversi, specie se in gioco ci sono ristorni rilevanti o posizioni debitorie pendenti.

Sequenza operativa, dal primo dubbio alla chiusura del dossier

Una gestione ordinata parte dalla raccolta dei documenti: statuto aggiornato, eventuali regolamenti interni, ultimo bilancio approvato, attestazione della propria posizione capitale e di eventuali ristorni. Con la verifica della “causa” ammessa si redige la comunicazione formale e la si invia con raccomandata alla sede legale. Si annota la data di ricezione e si attende l’esito del vaglio degli amministratori. Se arriva un diniego che si ritiene ingiustificato, si può valutare l’opposizione al tribunale entro i sessanta giorni previsti. Se l’istanza viene accolta, si aggiornano le aspettative di incasso sapendo che la liquidazione maturerà sul bilancio dell’anno del recesso e che il pagamento dovrà arrivare entro i centottanta giorni dall’approvazione di quel bilancio. Nel frattempo si chiede all’ufficio soci l’estratto del prestito sociale, se presente, per pianificare il rientro delle somme secondo il regolamento. A incasso avvenuto si archiviano la delibera di accoglimento, l’estratto di liquidazione e la quietanza: questo fascicolo sarà la “polizza” da conservare almeno per un anno, periodo in cui opera la responsabilità residua prevista dalla legge.

Conclusione: uscire bene è soprattutto questione di metodo e tempi

Il recesso dalla cooperativa è una procedura con un’anima sostanziale e una forma ben definita. La sostanza è l’esigenza del socio di sciogliere un rapporto che non risponde più al proprio interesse; la forma è la raccomandata che attiva i termini, la verifica degli amministratori, l’eventuale opposizione e, soprattutto, la liquidazione collegata al bilancio dell’esercizio in cui l’uscita è avvenuta, con pagamento entro un termine certo. Muoversi con metodo, partire dallo statuto, curare la motivazione e rispettare le formalità evita attriti e accorcia i tempi. Sapere che la quota può essere ridotta dalle perdite, che il soprapprezzo può rientrare se ancora presente in patrimonio, che il prestito sociale segue un regolamento a parte e che la responsabilità residua dura un anno consente di pianificare senza sorprese. Con questi accorgimenti il recesso diventa un percorso ordinato: si decide di uscire, si comunica, si attende la verifica, si incassa quanto spettante e si chiude il fascicolo, mantenendo per il tempo necessario la documentazione a presidio dei propri diritti e dei propri doveri.

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